lunedì 10 dicembre 2007

Juventus-Atalanta 1-0

Che partita strana. Nei primi venti minuti i bianconeri hanno ben 5 palloni-gol, tutti sprecati in maniera superficiale. La rabbia della Juve, dopo la strigliata di Ranieri giovedì sera, è tutta sulla corsa, sul dinamismo, rabbia che la Juve pagherà nel secondo tempo, perchè i polmoni sono soltanto due per giocatore. Il risultato (avevo paura a pubblicarlo prima del match, per scaramanzia) ma era per me scontato: uno a zero sofferto, col gol nel finale (a proposito, sono ora 15 i gol nell’ultimo quarto d’ora: quindici coincidenze in altrettanto giornate? Ma dai…) di un uomo che al momento è stato colui-che-non-il-solito. Quella furia ceca che in finale di carriera dedica le ultime corse alla maglia bianconera, che regala i tre più pesanti dell’intero torneo, finora giocato. Che al minuto 88 scaglia con forza e classe a gonfiare la rete, proprio dalla parte dei tifosi che mai hanno calato la sua bandiera, che mai lo hanno criticato anzi sempre incitato, se possibile più di prima. Il match. Juve che parte convinta, le gambe girano, Molinaro sulla sinistra è imprendibile e macina chilometri su chilometri. Prevalentemente la fascia più incisiva è sin da subito la sinistra con Nedved e appunto Molinaro, mai così in palla. Iaquinta è il solito lottatore, Trezeguet sciupa molto e questo fa presagire una giornata difficilissima per gli avanti bianconeri. L’Atalanta è molto ordinata: chiude molto bene gli spazi e riparte in velocità. Riesce bene a sfruttare la tecnica di Doni e Floccari, la spinta delle due fasce, come da consuetudine del proprio allenatore. Quel Gigi Del Neri che contro la Juve non ha mai vinto, e il tabù non è sfatato nemmeno quest’oggi. Nei primi 25 minuti la Juve ha già creato 5 nette palle-gol: due le sciupa stranamente Trezeguet (mandando alto di testa, e girando oltre il primo palo di destro). Nocerino tenta da fuori area, a volo ma la palla lambisce il palo. Nedved è incisivo su punizione, ma il portiere bergamasco si rifugia in angolo. Una volta soltanto impegnato Buffon: sponda di Doni sul finale, Floccari mette giù e dal limite lascia partire un gran destro a giro, Buffon è pronto. In ombra Palladino, evanescente Iaquinta. Al 42′ Marchionni e Del Piero lasciano la panchina e rientrano negli spogliatoi: è il preludio di due cambi imminenti.
La ripresa. Non ci sono più Palladino e Iaquinta come previsto. Il capitano affianca Trezeguet in attacco, mentre il talento già del Parma prova a sfondare sulla destra, cosa che Aladino non è riuscito a fare nel primo tempo. La Juve è meno intraprendente e meno precisa davanti, ma Del Piero riesce meglio a far girare palla. E’ in forma il capitano bianconero e si vede nei dribbling, nelle idee e in certe invenzioni (un tacco che fa spellare le mani in tribuna, un paio di recuperi palla che farebbero invidia a Nocerino). L’Atalanta, man mano che passa il tempo, si fa più pericolosa. Floccari salta un paio di volte Legrottaglie ma la difesa chiude bene. Molinaro sulla sinistra è un treno: non lo prendono mai, si propone con regolarità, mette dentro un numero imprecisato di cross. Unica pecca: la qualità dei cross, ma ha solo 23 anni, poca esperienza ma tanta personalità. Nocerino in mezzo al campo è un leone, Zebina impreciso. Chiellini non sbaglia nulla: chiude tutto e tutti, non perde mai un pallone e fa ripartire l’azione con ordine. L’uomo in più dei bianconeri è però Nedved. Corre, si propone, svaria al centro, prova il tiro più volte. Sembra tornato ai vecchi tempi. Del Piero ci prova due volte su punizione, da distanza ragguardevole: non è la sua zolla, ma i risultati per poco non lo premiano. E’ in palla: serve un grandioso assist a Trezeguet che sciupa. Quando tutto sembra far pensare ad uno zero a zero finale, al minuto 86 ecco un’azione strana. Parte da dietro, con un rilancio, Carrozzieri anticipa male Del Piero, sul pallone vagante si avventa Nedved che ai 25 metri lascia partire una sassata sul palo più lontano. E’ un urlo liberatorio: del ceco per aver trovato il primo gol stagionale in campionato, della curva che aspettava la Furia da troppo tempo. Proteste incredibili dell’Atalanta per un presunto fallo di Del Piero su Carrozzieri (col gomito Del Piero avrebbe cappottato 1,90 metri per 90 Kg) circa 10 secondi prima del gol di Nedved. Poca roba, troppo veniale per appellarsi a non si sa più a quale giustizia terrena. La Juve vola, mette in banca altri tre punti, forse i più pesanti perchè ottenuti con sudore, con fatica, dopo il fattaccio empolese, contro una formazione in una forma strepitosa. Valgono pure due punti rosicchiati ai veri rivali stagionali, ossia i giallorossi che inciampano a Livorno, contro un Diegone Tristan che non segnava da più di due anni (appena due minuti dopo il discusso vantaggio, questo sì, della Roma). Ranieri non sembra ancora soddisfatto. La chiave. Purtroppo la storia racconta di personaggi che da soli riescono a scardinare difficoltà, che da soli decidono il momento e la modalità di sbarazzarsi degli avversari e vincere, quasi da soli, con quella facilità disarmante, con quella scioltezza unica. Un tiro violento, col giro giusto, sul secondo palo, preciso, senza possibilità di appello per l’estremo portiere. Ti accorgi del gol non quando la palla gonfia la rete, ma quando Nedved prepara i tre passi verso il calcio al pallone: schiena dritta, slancio della gamba corto, come suo stile. T’accorgi del gol quando Nedved va a prendere di forza un pallone destinato al più lungo dei rinvii, in chiusura di partita, a testimoniare un pareggio che l’Atalanta gusta come vittoria. La chiave è questa, in quell’urlo e in quell’abbraccio fra Nedved e Nocerino, praticamente l’anima della Juve di domenica, forse pure un segno dei tempi che stanno cambiando, che per forza devono cambiare. Un passaggio di testimone? Forse. Di sicuro la chiave di Juve-Atalanta è proprio in questa foto: Nedved e Nocerino, duri in viso, con l’urlo in gola, sussurrato e gridato verso chi non ha mai smesso di amare quella maglia, quei giganti col numero 1, 8, 10, 11, 17. Ma non solo loro.I migliori. Per il gol ma soprattutto per la prestazione, è certamente Nedved. Corre, rincorre, dribbla, tira e crossa. Praticamente il vecchio Nedved. E sì che vecchio lo è per davvero. E sì che forse quel pensiero di lasciare lo ha più che sfiorato, accarezzato, quasi convinto. Ma ieri Pavel ha dimostrato grandi doti: calmo come non mai, quasi irriconoscibile. Forse ferito, forse stanco, forse ha solo cambiato modo di lottare. Sulla sinistra lascia molto spazio a Molinaro, lui si accentra. Molto, addirittura a sprazzi si propone sulla destra. Un cane sciolto. Risolve l’uomo che più di tutti sapeva risolvere il fattaccio di Empoli: sapeva come si poteva e doveva risolvere, ripartire. Il gol è un gioiellino: tiro a giro di destro, potente. Un tiro alla Nedved. Un gol di Nedved. Molinaro sulla sinistra sembra aver raccolto definitivamente il testimone di un certo Zambrotta. La fatica non lo sfiora, corre su e giù ora senza palla, ora con la palla. E’ molto migliorato in fase di dribbling, deve ancora calibrare il sinistro al cross (impreciso, a volte troppo: potrebbe essere micidiale considerando la presenza di Iaquinta e Trezeguet in area). Nocerino: ha dato lo sfratto, senza preavviso, ad Almiron e Tiago, è in certi tratti della partita più prezioso di Zanetti. E’ uomo ovunque, copre Palladino, poi Marchionni, addirittura riesce pure a tappare le falle di Zebina. Spinge in avanti, recupera palloni, aggredisce chiunque si presenti nella metà campo bianconera. Definirlo un cagnaccio è riduttivo: Nocerino sembra avere tanta qualità. Riesce a saltare l’uomo e impostare l’azione con ordine. Chi lo considera l’erede di Gattuso ha voglia di sminuirlo: ha molta più qualità. Quando riuscirà a sbloccarsi in zona gol … bè ci sarà da divertirsi. Le mosse di Ranieri. Semmai ce ne fosse bisogno: ha ancora ragione lui. Palladino e Iaquinta subito in campo: scelta morale giustissima. Palla è il talento più limpido che ha in rosa la Juve. Destinato a raccogliere l’eredità di Del Piero, è bene non bruciarlo e difenderlo e salvaguardarlo il più possibile. Non si è salvato dal cazziatone di Empoli, anzi proprio da lui ci si aspettava una prestazione al di sopra della media. Magari anche in zona gol, laddove in campionato ha centrato l’unica occasione in cui ha giocato davanti, da prima punta. La panchina dal primo minuto si sarebbe tradotta in bocciatura, e poi mancando Camoranesi, Aladino è la prima alternativa. Proprio il match di Empoli sembra avergli pesato enormemente. C’è tempo di recuperare però. Del Piero subito ad inizio ripresa. E’ un segnale forte: pareggiamo, abbiamo difficoltà là davanti, Iaquinta è in giornata no, pensaci tu! Pensiero che Ranieri sembra aver condiviso con 16 milioni di tifosi sparsi in tutto lo stivale. Di più: è una fiducia illimitata riposta nel capitano. La prestazione è ottima, lo spirito ritrovato, le gambe sembrano rullare bene. Sarà complicato adesso farlo ripartire dalla panchina… come se questo fosse un dispiacere! Altra mossa importante: Zebina riproposto a destra. Ammettiamolo: sarà capoccione ma c’è bisogno della sua testa calda in campo. Il fisico è stupendo, le sgroppate ancora efficaci, le sbavature poco frequenti. Grygera può rifiatare con calma. Ultima mossa: Tiago al posto di Nedved. Notiamo come la partita non sia ancora finita: circa 5 minuti, quelli più caldi. Tocca appena tre palloni: uno lo nasconde e due li alleggerisce dove c’è meno confusione. Forse, assente Nedved è proprio quella la posizione: defilata, con le spalle coperte da Zanetti e Nocerino, con Molinaro che ricopre tre ruoli. Pian pianino sta crescendo, pian pianino ma sta crescendo. A proposito: qualcuno ha ironizzato sui 29 punti della Juve. Calcolo veloce e spassionato: siamo neopromossi, squadra nuova e inedita, al San Paolo ci hanno bastonato, ci hanno negato la vittoria a Parma, qualche discussione contro la Fiorentina, abbiamo lottato alla pari con Inter e Roma, abbiamo dominato a San Siro con il Milan. Scusate, ma l’ironia dov’è?

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